«Kevin Spacey a Torino, così l’ho convinto a venire. Le critiche? Disonorano l’arte, strumentali»

Parla Marco Fallanca, organizzatore della lectio magistralis che l’attore americano terrà al Museo del cinema

«Kevin Spacey è uno dei più iconici e talentuosi attori della contemporaneità e non c’è stato il minimo dubbio da parte del Museo Nazionale del Cinema, del suo presidente Enzo Ghigo e del direttore Domenico De Gaetano, di ospitare la sua masterclass alla Mole». 

Se il due volte Premio Oscar ha scelto Torino per il suo incontro pubblico è anche per merito di Marco Fallanca, nato a Catania nel 1997, che ha firmato l’organizzazione della lectio di lunedì 16 gennaio. «Nel 2020 — rivela — avevo tentato di invitarlo al Taormina Film Fest dove ho ricoperto il ruolo di direttore di produzione. Poi, dopo la sua partecipazione a “L’uomo che disegnò Dio” di Franco Nero, ho pensato a una lezione da proporre al Museo». 

Spacey ha accettato senza riserve? 
«Kevin ama l’Italia e aveva già imparato ad apprezzare la discrezione torinese: ha accettato senza indugio anche perché il Museo del Cinema è un’istituzione di riconosciuta eccellenza internazionale». 

I temi della masterclass? 
«In dialogo con il direttore, parlerà del suo cinema, della libertà dell’artista di esprimersi e della passione per il teatro che non lo ha mai abbandonato». 

Come sta trascorrendo le giornate torinesi? 
«Con generosità, senza negarsi. Considera Torino una città elegante e, soprattutto, onesta sotto il profilo intellettuale. Oltre a una visita al Museo del Cinema e a Palazzo Reale, ha voluto esplorare il centro e San Salvario, dove molti giovani che lo ricordano per il suo ruolo in “House of Cards” gli hanno chiesto un selfie»…

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