CRISI SENZA GOVERNO

collettiva.it – Marco Togna

Wärtsilä e Pernigotti, Italtel e Stellantis: il Paese è in difficoltà. E la mancanza di scelte politiche rende più complessa ogni soluzione. Ma, per fortuna, c’è anche qualche buona notizia

La caduta del governo, di certo, non aiuta. Le centinaia di crisi aziendali che punteggiano la mappa dell’Italia, e che sono aperte nei vari tavoli dove si cercano soluzioni, rischiano di acuirsi e di precipitare. Da un punto di vista “tecnico”, i confronti al ministero dello Sviluppo economico andranno avanti più o meno come sempre: si continuerà a discutere di esuberi, ristrutturazioni, crisi di liquidità e concordati preventivi.

Ma è innegabile che la mancanza di scelte politiche, già latitanti prima (in considerazione del profilo “tecnico”, appunto, del Governo Draghi) e ora completamente assenti, renderanno ogni exit strategy più complessa e difficile. Ci sono vertenze che vanno avanti da anni, e il tempo è un fattore determinante per la loro risoluzione. Mercoledì 27 luglio è un programma un incontro tra l’esecutivo (dimissionario) e i sindacati: ci si augura che il tema sia tra quelli in agenda.

Anche perché, purtroppo, le crisi aziendali non si fermano. L’ultima in ordine di tempo, di grande rilevanza per il numero di esuberi richiesti, è quella della Wärtsilä di Trieste (970 dipendenti). La multinazionale finlandese (attiva nel campo dei sistemi di propulsione e generazione d’energia per uso marino e centrali elettriche) ha annunciato il 14 luglio il drastico ridimensionamento dello stabilimento di San Dorligo della Valle, con la chiusura della linea produttiva di motori navali e il conseguente licenziamento di 451 lavoratori. Al momento l’interlocuzione sulla vertenza è solo a livello regionale, si attende il passaggio nazionale al Mise.

Altra crisi di grande rilevanza è quella della Cooperativa muratori e cementisti di Ravenna (3.800 addetti). La terza società italiana d’infrastrutture si trova nella difficile situazione di dover rimborsare i creditori, dopo il concordato in continuità risalente al 2020. Nell’incontro al ministero del 20 luglio istituzioni, azienda e sindacati hanno convenuto sulla necessità di assicurare la continuità industriale e la sostenibilità sociale, sorrette da un’adeguata soluzione finanziaria. All’orizzonte sembra profilarsi l’ingresso (mediante acquisizione o fusione) di Amplia Infrastructures, società controllata da Autostrade per l’Italia, ma la situazione è ancora del tutto fluida. Il prossimo incontro al ministero dovrebbe tenersi nella prima settimana di agosto.

Il cahier de doléances è lungo, ma ci sono anche (parziali) buone notizie. Si è conclusa positivamente la vicenda della Forall Confezioni/Pal Zileri di Vicenza (318 dipendenti). Il 30 giugno scorso è stato siglato un “accordo di transizione occupazionale” che prevede l’apertura di una nuova cassa integrazione straordinaria per 12 mesi, la reindustrializzazione del sito (mediante l’avvio di un percorso di partnership industriale con un operatore del territorio) e la ricollocazione dei lavoratori.

Buone notizie anche per i 1.700 dipendenti della Bosch di Bari. Il 22 luglio è stato siglato un duplice preliminare d’intesa: un contratto di solidarietà di 12 mesi (a partire dal 29 agosto prossimo) e un’intesa-quadro per i prossimi cinque anni. Quest’ultima contiene l’impegno di Bosch a dare continuità produttiva allo stabilimento e a non licenziare fino a tutto il 2027, a fronte del possibile utilizzo di ammortizzatori sociali conservativi e di uscite solo volontarie. Previsti anche alcuni investimenti (che porteranno occupazione per circa 150 persone) e un impegno più generale a cercare nuove produzioni anche in relazione alle attività di ricerca svolte a Bari e incentivate dalla Regione Puglia, con un contesto di programma da 15,6 milioni di euro.

Svolta positiva nella vertenza della Flextronics Manifacturing (570 addetti) di Trieste. Il 22 luglio l’azienda ha annunciato la proroga al 28 febbraio 2023 dei contratti di solidarietà e il rinnovo dei contratti a tempo determinato almeno fino a ottobre. In settembre si aprirà la procedura per i 280 esuberi chiesti dalla società: l’uscita sarà volontaria, previsto un incentivo pari a 13 mensilità più il periodo di preavviso. A febbraio prossimo azienda e sindacati s’incontreranno per tirare le somme dell’operazione.

Uno spiraglio si è aperto per la Softlab Tech di Caserta e Napoli (300 addetti in Campania, 1.120 in Italia). Nella riunione al ministero del 5 luglio l’azienda, in crisi finanziaria, ha avuto rassicurazioni riguardo l’accesso al Fondo Grandi imprese in difficoltà (Gid), gestito da Invitalia. Sul tema, la Fiom chiede l’ingresso dell’agenzia nazionale nella governance del gruppo, senza dunque limitarne l’intervento al solo sostegno finanziario esterno.

In via di definitiva soluzione è la vicenda della Gaggio Tech di Bologna (ex Saga Coffee, 190 dipendenti). In seguito al passaggio di proprietà del febbraio scorso il 1° giugno scorso 54 addetti sono stati riassunti dalla nuova società (che sarà attiva nel settore delle plastiche “green”), mentre 42 hanno accettato l’esodo incentivato. Per il personale rimanente, il re-ingresso in azienda dovrebbe avvenire in tempi molto brevi.

Luci e ombre su Stellantis. Siglato il 20 luglio scorso a Roma, al ministero del Lavoro, l’accordo che prevede, a partire dal prossimo 7 agosto, un contratto di solidarietà in deroga della durata di un anno per lo stabilimento di Melfi (Potenza). L’obiettivo è stato raggiunto utilizzando una modifica del testo originario del Jobs act, fortemente voluta dai sindacati, che consente di andare oltre il limite dei tre anni. Nel corso dell’incontro l’azienda ha confermato il piano industriale, definito nell’accordo del 25 giugno 2021, che prevede la produzione nel sito lucano, a partire dal 2024, di quattro vetture full electric.

Sempre su Stellantis, va altresì segnalato che il 7 luglio scorso è stato firmato un accordo per complessive 1.820 uscite incentivate dagli enti centrali, dalle aree di staff e dagli stabilimenti di Termoli (Campobasso), Verrone (Biella), Pratola Serra (Avellino) e Melfi. La Fiom Cgil, che ha deciso di non firmare l’intesa, rimarca che, se si considerano le uscite previste finora, si arriva a oltre 4 mila lavoratrici e lavoratori in meno dal 2021.

Tornando alle situazioni più complicate, ancora molto confuso è il futuro della Pernigotti di Alessandria (57 dipendenti). Nell’incontro al Mise del 6 luglio la proprietà turca aveva comunicato l’interruzione dell’operazione di cessione alla Witor’s e la predisposizione di un piano per il rilancio dello stabilimento di Novi Ligure, con la ripresa della produzione nel prossimo settembre. Neanche una settimana dopo, la società ha invece annunciato la stipula di un contratto preliminare di vendita con l’azienda cremonese Walcor (appartenente al gruppo Jp Morgan). La cassa integrazione è scaduta il 30 giugno, attualmente i lavoratori sono in ferie o usufruiscono di permessi retribuiti.

Confermate le chiusure degli stabilimenti Alival/Nuova Castelli di Reggio Calabria e Ponte Buggianese (Pistoia), per complessivi 150 lavoratori. Nell’incontro del 19 luglio il gruppo (di proprietà della francese Lactalis) ha illustrato il piano industriale che prevede investimenti e il rilancio delle attività, ma anche la decisione di chiudere nel primo trimestre del 2023 i due siti produttivi. Per ora la società ha accettato la richiesta sindacale di mantenere in attività gli stabilimenti anche oltre il primo trimestre del 2023 e d’individuare soluzioni di reindustrializzazione, il prossimo incontro è messo in agenda per il 31 agosto.

Permangono le difficoltà della multinazionale delle telecomunicazioni Italtel (1.000 addetti). Nell’ultimo incontro del 23 giugno scorso, la società (acquisita nel 2021 da gruppo Psc, Tim e Fondo Clessidra) ha evidenziato sia la necessità di ricorrere nei prossimi mesi a un ammortizzatore sociale sia di avviare un piano di circa 200 esuberi (di cui 150 già previsti in precedenza dal piano concordatario 2021-2026). Va segnalata, inoltre, la crisi di liquidità di Psc (azionista di maggioranza di Italtel; 860 addetti, tra diretti e indiretti), che ha appunto presentato domanda di concordato.

Concludiamo il nostro “giro d’Italia” con due note aziende toscane. Molti ancora i punti da chiarire sulla riconversione industriale della Qf (ex Gkn Driveline, 370 lavoratori) di Firenze. L’incontro al Mise del 22 luglio non ha sciolto i nodi ancora presenti: la Fiom, in particolare, chiede un nuovo accordo che implementi e completi l’accordo quadro del 19 gennaio (oggi largamente disatteso) e una definizione chiara dei passaggi di ripresa produttiva, nelle date e nei volumi interessati e nel tipo di vincolo delle commesse.

La seconda azienda toscana è la Fimer di Arezzo (610 dipendenti), la cui situazione è in rapida evoluzione. La società della famiglia Carzaniga, attiva nel settore dell’energia solare, ha presentato un piano di concordato in continuità, supportato dal sostegno finanziario di Generalfinance pari a 85 milioni di euro. Si attendono sviluppi, quindi, in tempi relativamente brevi.

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