Il capolavoro infinito delle Lettere dal carcere di Gramsci.

FOTOTECA STORICA NAZIONALE. VIA GETTY IMAGES

Pochi giorni dopo la morte di Antonio Gramsci, avvenuta il 27 aprile 1937, Palmiro Togliatti inviò da Mosca una missiva nella quale caldeggiava “iniziative di ogni genere” per tenere viva la memoria del comunista sardo. Tra le iniziative che si era subito prefisso, vi era l’uscita di un numero della rivista Stato operaio (pubblicata a Parigi) nel quale ci sarebbe stato un suo articolo “biografico-politico” su Gramsci accompagnato da alcune lettere composte dal carcere.

Iniziò così l’avventura di quello che sarebbe stato uno dei più importanti libri della letteratura epistolare. Lettere dal carcere, appunto, che da poche settimane la casa editrice Einaudi ha ripubblicato nella prestigiosa collana I millenni

Francesco Giasi, vicedirettore della Fondazione Istituto Gramsci, che ha curato in maniera impeccabile il volume, nell’introduzione ricostruisce attentamente tutta la complicata vicenda degli scritti di Gramsci, aiutando a cogliere meglio l’importanza di questa nuova edizione che in ogni resta un ottimo contributo a un lavoro in perpetuo divenire.

A comprendere fin da subito l’importanza del pensiero di Gramsci e della sua originalità nel panorama del marxismo italiano, e non solo, fu Togliatti senza il quale, giova sempre ripeterlo, non ci sarebbe stato Gramsci. Lo storico segretario comunista si era immediatamente attivato, dopo la morte di Gramsci, interpellando la cognata, Tatiana Schucht, e rivolgendosi a Piero Sraffa, per raccogliere e mettere al sicuro (a Mosca) tutti gli scritti di Gramsci, utilizzando i canali diplomatici attraverso l’ambasciata dell’Unione Sovietica in Italia.

Per tutto il periodo che lo separò dal rientro in Italia, Togliatti non smise mai di occuparsi dello studio del pensiero di Gramsci e di come poterlo meglio valorizzare, sia nel mondo della politica che in quello della cultura, dimostrandosi infaticabile architetto di questa operazione.

Alla pubblicazione della prima edizione delle Lettere si arrivò, finalmente, nel 1947, grazie all’interessamento di Giulio Einaudi e con la cura dello stesso Togliatti e di Felice Platone. Si trattò di un testo che ebbe un successo immediato, vincendo il Premio Viareggio e diventando, come ricorda Giasi, un vero e proprio “caso letterario”. Il testo ricevette vasta attenzione dalla critica che lo accolse molto positivamente. Moltissimi intellettuali, da Benedetto Croce a Italo Calvino, ne parlarono in termini entusiastici.

Accanto al valore letterario, le Lettere costituiscono un imprescindibile patrimonio per lo studio del profilo biografico di Gramsci e, nello stesso tempo, esse sono una testimonianza vivente del suo enorme valore culturale, etico e umano. Di un uomo che, rinchiuso nella solitudine della prigione fascista, attraversando forti momenti di sconforto e sofferenza, non ha smesso di proseguire la sua battaglia politica utilizzando lo sforzo intellettuale. 

Nella prima edizione erano state pubblicate 218 lettere. In seguito, le edizioni successive si erano man mano arricchite sia perché vennero inserite alcune missive, inizialmente escluse, sia perché altre furono trovate tempo dopo.

Questa nuova edizione, frutto di un lavoro collettivo di ricerca, contiene 511 lettere, 12 delle quali fino a oggi inedite. Ma non è questo il solo pregio. Occorre, infatti, segnalare la scrupolosa annotazione, frutto di ulteriori ricerche, che contribuisce a chiarire meglio al lettore il contenuto delle stesse, senza appesantire il testo, lasciando intatta la freschezza letteraria, rendendolo accessibile a chiunque e comunque indispensabile per gli studiosi.

A ciò si aggiunga l’importante contributo di Maria Luisa Righi, alla quale si deve la stesura di una cronologia della vita del pensatore sardo nonché la ricostruzione biografica dei mittenti ai quali scriveva, e l’apporto del lavoro di ricerca archivistico svolto da Eleonora Lattanzi e Delia Miceli. Infine è da segnalare un album contenente foto e documenti.

Ulteriori ragioni in più che inseriscono questo volume a pieno titolo nella biblioteca di ogni tempo.

Francesco Marchiano’Politologo