Il Po a Torino, una grande palude

07 Agosto 2022 – lastampa.it

Siccità, piante, mucillaggine e fondale troppo alto hanno stravolto il fiume: “Bisognerebbe poterlo dragare per riportarlo a com’era anni fa”

TORINO. La barca a punta dell’Armida va avanti piano. E schiva il nemico, per quel che può. Fare attenzione però non basta. E l’imbarcazione si arresta. «Bisogna liberare l’elica dalle piante, altrimenti il motore si blocca e si rovina. E allora dobbiamo fare qualche metro in retromarcia».

Manovre lente. Poi si riparte, e sempre molo piano. Dribblando le chiazze gialle di alghe che sei anni fa incuriosivano e oggi preoccupano, perché son sempre più grandi, più immobili, e hanno cambiato, decisamente in peggio, l’outfit del Po. Ma chi è al timone è ottimista: «L’altra sera, da qualche parte ha piovuto, e la poca acqua che è arrivata fin qui ha di nuovo cambiato l’aspetto del fiume. Ci sono angoli che si sono liberati da queste alghe infestanti, e altri dove ha formato delle isole verdi. Ogni giorno quaggiù è tutto differente, è un paesaggio diverso e da scoprire».

Eccolo qui il Po visto dal pelo dell’acqua – osservato da una barca a motore – e percorso dai Murazzi a Moncalieri. E se, visto dai ponti e dalle sponde, sembra un gigante malato, visto da qui è fin peggio. Lento, stagnante. Più simile a un lago, oppure a una palude, che al fiume più forte e più lungo d’Italia.

Alle 11 Riccardo Iuliani, terminato il turno di lavoro in ospedale, cala la barca in acqua e va a controllare la salute del Po. E la prima brutta sorpresa è davanti all’Armida. Soltanto metà fiume è navigabile. Uccelli fermi sui tronchi rimasti impigliati a un reticolo di piante così stretto che riesce ad inchiodare tutto, a rallentare la corrente, e trattenere rifiuti e pezzi di legno. Suggestivo? Assolutamente no. Iuliani è netto: «Sarebbe fin pericoloso cadere in acqua in posti così». Motivo? «Le piante, cresciute sul fondo e arrivate fino alla superficie si intrecciano come corde lunghissime. Si rischia di restare avviluppati lì in mezzo, e non avere più la forza di fuggire».

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