Viva il pane e salame, ma a Torino non ci sono osterie «fuori porta».

La città ha tanto verde attorno le occasioni per godersi un pranzo domenicale semplice (un buon formaggio, pane fragrante) sono assai poche. Sarebbe bello che qualche ristoratore avviasse uno stagionale o come si dice un «pop-up».

di Luca Iaccarino – CORRIERE TORINO

Viva il pane e salame, ma a Torino non ci sono osterie «fuori porta»

Questa cosa che Torino abbia pochissime «osterie di fuori porta» non mi dà pace. Tutte le volte che la stagione si fa bella e la voglia di scampagnate potente, torna torrida la questione: dove andare a mangiare un boccone semplice, a un passo dalla città, magari con lo spazio per lasciare razzolare libera la mia famiglia e altri animali?

Torino ha tanto verde attorno: la collina proprio alle spalle del fiume a est, la campagna a sud, la pianura che s’avvia verso la montagna a nord e ovest eppure le occasioni per godersi un pranzo domenicale sono assai poche. Anche perché, diciamocelo, in un fine settimana di relax più che cercare grandi piatti e menu fissi (spesso troppo impegnativi) oggi si desiderano spazi di libertà e pasti semplicissimi: da quando mangiar fuori non è più un evento raro, il settimo giorno tanti vorrebbero far riposare anche lo stomaco, contentandosi d’un buon formaggio, un buon salame, un pane fragrante, un secchio di fragole e un pintone di Nebbiolo o di Timorasso gelido.

Eppure indirizzi così sono quasi impossibili da trovare nella cintura torinese, tant’è che spesso per cercare refrigerio e spensieratezza ci si rassegna a un’ora di macchina per arrivare nelle Langhe, nel Monferrato, persino in Val d’Aosta.

Non voglio dire che non ci sia un solo indirizzo buono, per carità. Ad esempio a me piace sempre andare alla Trattoria San Marchese, un metro oltre la soglia di Venaria, o in qualche residua bocciofila collinare, ma sono davvero pochissime le soste che mi vengono in mente nel raggio di mezz’ora di macchina dal centro cittadino (se la percorrenza diventa un’ora la scampagnata si trasforma in viaggio, ed entra in competizione non solo il resto del Piemonte, ma pure la Liguria).

Per carità, immagino non sia facile far vivere un locale in cintura, ma sarebbe bello che qualche ristoratore avviasse uno stagionale — un «pop-up» come si dice oggi — per animare la ristorazione estiva sul limine cittadino. Massimo rispetto, ad esempio, ai ragazzi di Vinolento che si sono appena trasferiti a cascina Roccafranca dove propongono — oltre alla «cucina cucinata» — anche quel che io cerco in una gita d’estate: 15 euro per una merenda sinoira di pane, burro e acciughe, caponata, flan con fonduta, tomino, panelle e lardo, vitello tonnato. Non ci sono ancora stato, non vedo l’ora di andarci. E spero che altri seguano il loro esempio. Viva l’estate. Viva la cintura. Viva il pane e salame.