Covid, ecco chi rischia di più di finire in terapia intensiva.

GIAMPIERO MAGGIO – 8 Luglio 2021 – LA STAMPA

Età, storie, caratteristiche. L’intervista a Giovanni Di Perri, virologo e responsabile del Reparto di Malattie Infettive dell’Amedeo di Savoia di Torino: «A 30 anni ti salvi, ma l’esperienza di venire intubato ti segna»

Il Regno Unito segna un altro picco di contagi: sono 32 mila i casi, ma i morti scendono (sono 33). La Francia annuncia una «mobilitazione generale per raggiungere l’immunità collettiva», mentre in Italia la situazione, al momento, sembra tranquilla anche se da una settimana a questa parte stanno aumentando i contagi. 

La cosa più importante, però, è che ospedalizzazioni e numero di vittime, anziché aumentare, continuino a diminuire. Ma chi finisce in terapia intensiva oggi? Qual è l’identikit delle vittime e perché è tutto diverso rispetto a pochi mesi fa? E se è vero che l’esempio da seguire è quello del Regno Unito (dove i casi di coronavirus continuano a crescere ma, nonostante ciò le vittime restano basse), noi che cosa ci dovremo aspettare?Lo abbiamo chiesto a Giovanni Di Perri, responsabile del reparto di Malattie Infettive dell’Amedeo di Savoia.

Professore, quale è l’identikit delle persone che ricoverate nelle terapie intensive? 

«E’ cambiata tipologia rispetto a qualche mese fa. Oggi abbiamo persone tendenzialmente molto più giovani: sono spariti i settantenni e gli ottantenni, ma abbiamo i quarantenni e i cinquantenni. Ci sono, ovviamente, anche le persone sopra i 60 anni. ma tendenzialmente l’età media è calata».

Come mai? 

«Il motivo è legato essenzialmente ai vaccini. Chi è stato sottoposto ad una doppia dose ha un basso rischio di contrarre il virus e, se succede, è come un raffreddore. Semmai ha un rischio pari quasi a zero di finire in ospedale o di morire».

Qualche esempio che ci può raccontare? Li possiamo definire no vax?

«Beh, direi di no. Nel senso che non si professano contro il vaccino, poi magari ci saranno anche loro. Diciamo che la caratteristica principale è che non sono vaccinati».

Qualche storia che lei ricorda in modo particolare?

«Ci è capitato di avere in reparto qualche negazionista del Covid: continuavano a negare l’esistenza del virus eppure non respiravano e stavano finendo in terapia intensiva. Ci dicevano: “Ma perché ci state facendo questo se il virus non esiste?”».

Avete anche ragazzi giovani in reparto?

«Sì, ci sono anche casi di trentenni intubati ma che non sono in pericolo di vita. Anche loro non sono vaccinati. Si salveranno ma, mi creda, non è una bella esperienza venire intubati. Per questo motivo consiglio anche ai più giovani di vaccinarsi».

Che cosa si aspetta sul fronte Covid nelle prossime settimane?

«Credo che assisteremo ad un incremento dei contagi, del resto è ciò che sta accadendo in diversi Paesi nel mondo e anche vicini a noi».

Colpa della variante Delta?

«Sì, questo tipo di mutazione rispetto al ceppo principale del virus è particolarmente contagiosa. E’ la variante che si sta diffondendo con estrema velocità e che sta già soppiantando la variante inglese. Per fortuna, però, viene respinta grazie ai vaccini. Insomma, la riposta vaccinale è buona e questo è positivo».

Quindi il liberi tutti degli inglesi è giustificato? E’ sufficiente vaccinarsi?

«Credo che, rispetto all’estate scorsa, molte cose siano cambiate e questo grazie ai vaccini. Ma non consiglio affatto di abbandonare così allegramente l’uso delle protezioni alle quali ci siamo abituati, ad iniziare dalla mascherina. Anche all’aperto».

Anche all’aperto?

«Solo nelle situazioni in cui c’è molta folla o assembramento. Nei posti chiusi da tenere assolutamente, invece. La variante Delta si trasmette, infatti, molto velocemente: bastano pochi secondi di contatto con una persona contagiata. Dico questo perché, nonostante oltre il 40% degli italiani sia immunizzato, sono ancora troppi quelli non vaccinati».