Ddl Zan, retromarcia d’intesa col Papa: “Pronti al dialogo col governo”.

DOMENICO AGASSO – pubblicato IL 25 Giugno 2021 su LA STAMPA

Il segretario di Stato: il Pontefice sapeva della nota della Santa Sede. L’obiettivo è abbassare i toni e ricompattare cardinali e vescovi divisi.

CITTÀ DEL VATICANO. Papa Francesco sapeva della «nota verbale» con cui il Vaticano ha chiesto di «rimodulare» il ddl Zan? E c’è lui dietro la retromarcia palesata dal cardinale Pietro Parolin? Sono gli interrogativi che più rimbalzano nei palazzi delle istituzioni, ma anche in quelli sacri al di là del Tevere, come sui social e nelle sacrestie di tutt’Italia. La duplice risposta la dà lo stesso Segretario di Stato: «Il principio è che di tutto quello che si fa si informano sempre i superiori». Anche se, per quanto riguarda la sorprendente richiesta di modifica del disegno di legge contro l’omofobia, vari prelati della Santa Sede assicurano che «con ogni probabilità il Pontefice non poteva immaginare le conseguenze mediatiche e politiche che avrebbe provocato. Francesco da tempo ha delegato alla Segreteria di Stato questi temi e i relativi interventi, senza seguirli poi nei dettagli tecnici».

E allora perché Bergoglio ora non si esprime? È la nuova domanda che sorge spontanea. «Ha scelto per adesso di continuare a mantenere il silenzio, ed è attentissimo a non lasciar trapelare alcun messaggio che possa sconfessare la Terza Loggia o infuocare ancora di più gli animi con un’invasione di campo», spiega un porporato.

La decisione di mandare segnali distensivi e di avviare una «fase due», attraverso una «solenne» intervista sui media vaticani, «l’ha presa lo stesso Parolin, tornato da poco dal Messico, con tre obiettivi su tutti», dice un alto prelato. Il primo: «Assumersi la responsabilità della dirompente iniziativa diplomatica». Il secondo: «Abbassare i toni e riposizionarsi nello spirito del dialogo invocato da Francesco in tutti gli ambiti, per evitare qualsiasi strappo pur nella difesa dei principi». E poi, «lo scopo comunicativo»: dettare la linea a cardinali e vescovi che in queste ore hanno manifestato commenti diversi, spesso contrapposti – «e anche grotteschi» – che hanno ulteriormente alimentato confusione e smarrimento nel recinto cattolico e non solo. «Ma un intervento così rilevante, che di fatto svuota la nota, in un momento così delicato, non è pensabile senza l’avallo da Santa Marta», afferma un altro monsignore, confermando che «tra il Papa e il Segretario di Stato una consultazione c’è stata». Resta un dubbio: perché è stata intrapresa un’azione diplomatica così scivolosa? Chi l’ha condotta è noto: monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, che ha consegnato la missiva deflagrante all’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede Pietro Sebastiani il 17 giugno scorso. Ma la scelta dei vertici della Segreteria di Stato è stata presa «dopo forti e continue pressioni ricevute da una parte importante dell’episcopato italiano», rivelano dalla Santa Sede. E poi, determinanti sono state le «risposte mancate» del governo italiano. In vari colloqui ufficiali e informali, per esempio con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, i vertici della Conferenza episcopale italiana (Cei) e le gerarchie vaticane avrebbero esposto alcune perplessità, in particolare sulla parte del ddl che regola le attività delle scuole private per la Giornata nazionale contro l’omofobia. Il timore è la «colonizzazione ideologica», paventata più volte da Francesco in questi anni, senza riferimenti precisi a qualche paese. «La libertà di espressione intesa come libertà di educazione», è il concetto chiave per la Chiesa. «Riscontri ricevuti: zero», garantiscono dalla Santa Sede. Così si è optato per un «innalzamento dei toni, mettendo nero su bianco – cristallizzando, per usare il gergo diplomatico – la forte apprensione». Parolin ieri ha dichiarato che «ci sembrava anche una cosa abbastanza normale poter dire che su questo tema c’è un accordo, quindi possiamo anche esprimere una nostra preoccupazione».

Sebbene la maggioranza dei vescovi sia contraria al testo del ddl così com’è ora, nelle Sacre Stanze italiane e vaticane «si respira aria pesante», perché la bufera ha alzato il livello di tensioni tra le due «fazioni»: i contrari alle prese di posizione pubbliche della Chiesa interpretabili come ingerenze; e i promotori della strategia dello scontro e delle barricate, che non condividono l’approccio più moderato predicato per esempio dal cardinale presidente della Cei Gualtiero Bassetti.

E adesso? La Segreteria di Stato starebbe lavorando per predisporre una «squadra di pontieri ed esperti», guidata da Gallagher, pronta a valorizzare un canale di collaborazione con l’Italia.