Il call center di Immuni è legge.

29 ottobre 2020 – Riccardo Luna – “Stazione Futuro” – LA REPUBBLICA

C’è stato un momento, questa estate, in cui è sembrato che la nostra possibilità di contenere il virus passasse dalla dotazione nelle scuole dei banchi singoli a rotelle. Milioni di banchi a rotelle; che nella maggioranza dei casi arriveranno nelle classi quando gli studenti saranno di nuovo chiusi in casa collegati via Internet. Ora è chiaro che se avessimo dedicato la metà del tempo speso a parlare di banchi con le rotelle a ragionare dei trasporti pubblici da integrare con i privati, dei letti di terapia intensiva promessi e non realizzati dalla regioni, e del diritto di fare presto tamponi senza file per tutti, non saremmo di nuovo sull’orlo del lockdown. Se poi ci fossimo occupati anche di far funzionare Immuni probabilmente avremmo tracciato i contatti dei positivi e i contagi non ci sarebbero scappati via.

Come si va adesso alla ricerca del tempo perduto? Come si prova a mettere una toppa fingendo però che il buco non c’era perché altrimenti potrebbero dirti che il buco lo hai fatto tu? Il caso di Immuni è emblematico: il presidente del Consiglio nei due ultimi messaggi alla Nazione non l’ha mai citata; “fate tre cose”, ha detto anche ieri agli italiani, citando “mascherine, distanza sociale e mani lavate”. L’immagine postata nel suo tweet sembrava identica ai volantini della pandemia del 1918. Epperò contemporaneamente qualcosa si è mosso. Nel penultimo dpcm era spuntato l’obbligo per gli operatori sanitari regionali di inserire il codice dell’utente di Immuni che avesse scoperto di essere positivo in modo da avvisare in forma anonima i suoi contatti dei 14 giorni precedenti. Una misura totalmente inutile per due ragioni: la prima è che quell’obbligo c’era già ovviamente, la seconda è che in Italia gli obblighi senza sanzioni valgono meno delle “forti raccomandazioni” del presidente del Consiglio. Non a caso il numero giornaliero di utenti di Immuni positivi è rimasto infinitamente basso (ieri 143 a fronte di quasi 25 mila positivi). 

Per scongiurare il fallimento non solo di Immuni ma dell’intero sistema di contact tracing erano scesi in campo molti epidemiologi, in testa Alessandro Vespignani, che avevano consigliato di creare un call center nazionale al quale i cittadini possano rivolgersi per aiuti, consigli, per prenotare un tampone e anche per attivare il tracciamento automatico dei contatti in caso di positività. Sembrava il solito suggerimento saggio destinato a cadere nel vuoto e invece no. Nella notte è arrivato in Gazzetta Ufficiale il “decreto ristori” che porta in dote i soldi per alcune delle categorie colpite dall’ultimo decreto del presidente del consiglio; poi, all’articolo 20, si annuncia l’istituzione “del servizio nazionale di risposta telefonica per la sorveglianza sanitaria”. Un nuovo servizio del ministero della Salute di “supporto telefonico e telematico alle persone risultate positive”, che hanno avuto “contatti stretti o casuali con persone risultate positive” o che “hanno ricevuto una notifica di Immuni”. Troppo tardi? No, perché se anche le misure appena varate o il lockdown totale di cui si vocifera dovessero riportare in basso la curva dei contagi, per resistere fino al vaccino serviranno tutte le cose che ci sono mancate ora: le terapie intensive promesse, i trasporti pubblici potenziati, i tamponi per tutti e forse persino i banchi con le rotelle. E serviranno una app funzionante e un numero di telefono dove qualcuno preparato risponda al primo squillo. La paura e la disinformazione dei più deboli si combattono standoci, non nascondendosi.

Tutto questo “non è rocket science”, dicono in Silicon Valley per indicare qualcosa di tecnicamente alla nostra portata. Ed è vero che avremmo potuto e dovuto farlo prima, ma visto che non lo abbiamo fatto il momento migliore è adesso.