Incognita Delta: la diffusione, i sintomi, il vero potere del vaccino

PAOLO RUSSO – pubblicato il 26 Giugno 2021 su LASTAMPA

La nuova mutazione dominante del virus dilaga più contagiosa e difficile da riconoscere per fermarla serve l’immunizzazione completa.

Perché si creano le varianti e in che misura occorre temerle?
Qualsiasi virus quando si moltiplica nell’organismo commette degli errori di copiatura del proprio codice genetico, generando quelle mutazioni che chiamiamo varianti e che arrivano ad essere centinaia, quasi tutte «inoffensive». Il problema è che quando di mutazioni se ne accumulano troppe nel tempo per via dell’alta circolazione del virus e quando si verificano alcune particolari condizioni, come il propagarsi dell’infezione in persone immunocompromesse, può accadere che il virus cambi le proprie caratteristiche, al punto da diventare più contagioso, oppure più pericoloso o, peggio ancora, capace di aggirare la barriera dei vaccini. Ed è quanto successo con la variante Delta, anche se fortunatamente in chi ha completato il ciclo vaccinale le possibilità di contrarre forme gravi di malattia o di morire sono risultate essere molto basse.Quali caratteristiche ha la variante Delta?
È sicuramente più contagiosa, come dimostrano gli esempi di Regno Unito, Russia e Portogallo, dove è diventata dominate ben oltre il 90% nell’arco di poco più di un mese. Gli studi condotti fino a questo momento parlano di un aumento della trasmissibilità tra il 40 e il 60% rispetto a quella Alfa, l’ex inglese, che a sua volta era più contagiosa del 50% rispetto al ceppo originario di Wuhan. A giudicare dall’aumento dei ricoveri nella popolazione britannica non vaccinata si direbbe anche più aggressiva. Ma non rispetto alle persone completamente immunizzate dal vaccino o guarite dal Covid e con un alto titolo anticorpale.

Che sintomi provoca?
I dati dello studio britannico Zoe Covid Sympton evidenziano che il sintomo più diffuso all’inizio è quello del mal di testa, seguito da mal di gola, naso che cola e febbre. Tosse e perdita dell’olfatto sono invece praticamente inesistenti. «Il rischio dei sintomi lievi – mette in guardia il direttore della prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza – scambiati magari per un raffreddore soprattutto tra i più giovani che hanno meno probabilità di sviluppare una malattia grave, è quello di trascurare il malessere e non auto isolarsi, contribuendo così alla maggiore diffusione della variante Delta». Per cui ai primi sintomi meglio fare subito un tampone.

Quanto è diffusa in Italia?
Difficile dirlo. L’ultimo rilevamento dell’Iss è del 21 giugno e i primi dati parziali del sequenziamento a campione stimano una presenza pari al 16,8% di tutto il virus Sars-CoV-2 circolante in Italia. Secondo la banca genetica internazionale Gisaid, che fa una stima in base alle diverse segnalazioni pervenute nel tempo dai laboratori di analisi regionali saremmo invece già al 26%. «Anche se per ora la diffusione è a macchia di leopardo», sottolinea il vicepresidente della società italiana di microbiologia, Mauro Pistello. Il virologo Fabrizio Pregliasco dell’Università Statale di Milano a sua volta non ha dubbi: «L’impennata di casi per la variante Delta, e Delta plus, ci sarà. Siamo solo indietro rispetto all’Inghilterra. Se siamo fortunati si spera che i casi gravi non crescano proporzionalmente al contagio». Un parere condiviso da molti suoi colleghi.

In che misura funzionano i vaccini?
Molto se si sono fatte entrambe le dosi. Al 50% e anche meno quando ci si è fermati alla prima. La prova del nove viene dal fatto che a contagiarsi di più con la Delta sono le persone sotto i 29 anni, quelle meno vaccinate. Un recente studio britannico ha dimostrato che contro questa mutazione una sola dose sia di AstraZeneca sia di Pfizer riduce al 30% la possibilità di contagio, anche se poi le percentuali salgono tra il 60 e il 70% rispetto al rischio di morte o di contrarre forme gravi di malattia. Con due dosi la copertura torna invece sopra il 90% per tutti i vaccini. Secondo il Publich Healt England la Delta, con le due dosi di vaccino, aumenta solo dell’8% il rischio di ammalarsi e del 3% di finire in terapia intensiva.

La Delta è più letale?
Non sappiamo ancora se la variante Delta sia associata a un maggior numero di decessi perché i dati sono troppo pochi. Al 14 giugno il Regno Unito aveva riportato 42 decessi tra le persone infette dalla variante Delta. Di questi 23 erano non vaccinati, 7 avevano ricevuto una prima dose di vaccino e 12 erano completamente vaccinati. Tuttavia coloro che hanno completato il ciclo vaccinale tendono ad essere persone anziane, in genere più vulnerabili.

Ci sarà bisogno del richiamo?
Probabilmente si, ammette il commissario all’emergenza Figliuolo. E questo perché le difese anticorpali generate dal primo ciclo di vaccinazione sono destinate a diminuire nel tempo, anche se non sappiamo se dopo 9 mesi, un anno o anche più. Ma l’altro motivo è che Big Pharma sta già sviluppando versioni aggiornate del vaccino tarate proprio sulle varianti per neutralizzarle con la terza dose.