LA VERITA’ SULLE RSA PIEMONTESI: 7.904 POSTI VUOTI. COSI’ IL SISTEMA SALTA.

Riceviamo, dalla consigliera regionale Monica Casalis, questa documentata denuncia sulla situazione delle RSA del Piemonte e i posti vacanti. Una situazione, vista la grande lista d’attesa, davvero intollerabile!

Finalmente la verità è venuta a galla: nelle 516 RSA del Piemonte, su 29.964 posti letto autorizzati, al primo febbraio c’erano 7.904 posti vuoti. Un dato crudo e drammatico, di cui la IV Commissione consiliare regionale era tenuta all’oscuro nonostante le numerose richieste fatte in questi mesi dai gruppi di minoranza.

Il dato è contenuto nel file excel inviato all’Osservatorio sulle Rsa e la Giunta Regionale ha ritenuto di non condividerlo con le forze politiche. Si tratta di un fatto gravissimo, che mette in luce la colpevole reticenza della Giunta Cirio, al limite dell’omertà, e rende evidente che le Rsa sono sull’orlo del collasso. Da mesi ripetiamo che senza nuovi inserimenti le strutture saranno costrette a chiudere.

I ristori approvati il 20 gennaio dalla maggioranza sono, infatti, un debole palliativo se le strutture non riprendono a lavorare a pieno regime.

Perché le ASL piemontesi non stanno attivando nuovi inserimenti in convenzione? Perché l’assessore Icardi continua a non pubblicare i dati sui convenzionamenti effettuati nel 2020? I 19,5 milioni di euro approvati come ristoro sull’esercizio 2020, sono ben poca cosa rispetto agli effettivi risparmi. I mancati inserimenti, in convenzione e non, sono un grave danno per le decine di migliaia di famiglie piemontesi in lista d’attesa (sono più di 30.000) e la Giunta Cirio non può utilizzare l’ingente risparmio del 2020 per finalità diverse dall’abbattimento delle liste d’attesa o dalla messa in sicurezza delle strutture che devono accogliere gli anziani, soprattutto in una Regione con un quarto della popolazione sopra i 65 anni.

Così facendo non vengono alleviate le fatiche delle famiglie e non sono rispettate le norme che regolano la materia. 🔎 E’ inaccettabile che la Regione risparmi sulle persone più fragili e non soccorra sufficientemente il sistema di cura. Basta reticenza: i dati ci sono e devono essere resi pubblici.