Sud Sudan, il Papa: “Qui la più grande crisi di rifugiati dell’Africa, è una tragedia umanitaria”

DOMENICO AGASSO – 04 Febbraio 2023 lastampa.it

Francesco abbraccia gli sfollati nella Freedom Hall di Giuba. Ci sono «almeno 4 milioni» di profughi «figli di questa terra». Ringrazia chi «aiuta». «Per favore: proteggere, rispettare, valorizzare e onorare ogni donna, bambina, ragazza, giovane, adulta, madre, nonna. Senza questo non ci sarà futuro»

INVIATO A GIUBA. Nella Freedom Hall di Giuba Francesco incontra, ascolta e incoraggia gli sfollati interni, provenienti da diversi campi profughi. E grida al mondo che qui in Sud Sudan «perdura la più grande crisi di rifugiati del Continente» africano, è «una tragedia umanitaria». Ci sono «almeno 4 milioni» di profughi «figli di questa terra». Il Papa ringrazia chi «aiuta» e chiede tra l’altro «per favore» di «proteggere, rispettare, valorizzare e onorare ogni donna, bambina, ragazza, giovane, adulta, madre, nonna. Senza questo non ci sarà futuro».

Questo pomeriggio, il Pontefice lascia la nunziatura apostolica e si trasferisce in auto alla Freedom Hall, dove lo attendono 2500 persone, secondo le autorità locali. Dopo il canto d’apertura e la preghiera iniziale del moderatore dell’assemblea generale della Chiesa di Scozia, il pastore Iain Greenshields, ha luogo una breve presentazione dei gruppi presenti. Quindi, dopo la proiezione di un video con commento della vice rappresentante speciale del segretario generale nella missione delle Nazioni Unite in Sud Sudan, coordinatrice residente e umanitaria per il Sud Sudan, Sara Beysolow Nyanti, un bambino del Campo Bentiu, un bambino del Campo Malakal e una bambina del Campo Giuba portano le loro testimonianze.

Joseph Lat Gatmai racconta: Innanzitutto, ringrazio il Signore Gesù che mi ha dato la possibilità di presentarmi a voi, ai nostri capi religiosi e ai cristiani che sono venuti per questa visita spirituale. Sono un cristiano della Chiesa presbiteriana dell’Alto Nilo nord-occidentale. Ho sedici anni. Sono arrivato nel Campo di Protezione dei Civili di Bentiu con i miei genitori nel maggio 2015 e vivo nel campo da più di otto anni. Ho completato la mia istruzione primaria e il mio sogno è di continuare gli studi fino all’università, nel nome di Gesù. Sono entrato nel campo PoC all’età di otto anni, dove sono cresciuto. La mia vita nel campo non è piacevole e mi preoccupo di come sarà in futuro, anche quella degli altri bambini. In questi anni, io e i miei genitori, così come altre famiglie sfollate, siamo sopravvissuti grazie agli aiuti umanitari. Se ci fosse stata la pace, sarei rimasto nella mia casa d’origine, avrei vissuto una vita migliore e mi sarei goduto l’infanzia. Perché soffriamo nel campo per sfollati? A causa dei conflitti in corso nel nostro Paese, il più giovane Paese indipendente. Dal 2020 siamo stati colpiti anche da inondazioni e migliaia di famiglie sono state sfollate dai loro villaggi e città, perdendo il bestiame e i raccolti. Pertanto, mi rivolgo ai nostri leader di questa grande nazione del Sud Sudan affinché portino pace, amore, unità e prosperità durature nel nostro Paese. Chiedo a voi, nostri leader religiosi, di continuare a pregare per una pace definitiva in Sud Sudan. Che Dio ascolti le nostre preghiere!».

Johnson Juma Ale afferma: «Appartengo alla Chiesa episcopale del Sud Sudan. Ho 14 anni. Vivo nel blocco B, settore 2 del Campo di Protezione dei Civili di Malakal (PoC). Frequento la terza elementare. Vivo nel PoC con mia madre e mio padre. Non hanno lavoro, ma uno dei miei zii manda loro degli aiuti da Juba. Quando mi manda un po’ di soldi, posso comprare dei vestiti. Sono arrivato nel PoC nel 2014 a causa delle distruzioni verificatesi nella città di Malakal. La pace è un bene, i problemi no. Vogliamo la pace perché le persone possano tornare nella città di Malakal, nelle proprie case. La vita nel PoC non è buona perché l’area è piccola e affollata. Non c’è abbastanza spazio per giocare a calcio. Molti bambini non vanno a scuola perché non ci sono abbastanza insegnanti e scuole per tutti. Voglio avere un buon futuro, dove regni la pace e i bambini possano andare a scuola. La vita nei PoC non è buona, ma ringraziamo le Nazioni Unite perché ci danno protezione e cibo. Vogliamo che nella Chiesa si preghi affinché Dio ci dia pace e si possa tornare nella città di Malakal. Grazie!».

Nyakuor Rebecca dice: «Caro Papa Francesco, sono una parrocchiana della Santissima Trinità e abito nel campo di Giuba. Sono molto felice di incontrarLa ed è un onore essere qui con Lei. A nome dei bambini del Sud Sudan, voglio ringraziarLa per la visita. Sappiamo che Lei è una brava guida perché, nonostante il suo ginocchio dolorante, è venuto per stare con noi, portando speranza e un messaggio di pace. Sappiamo che vuole bene ai bambini e che dice sempre che noi siamo importanti per il nostro Paese e per la Chiesa. Papa Francesco, anche noi Le vogliamo bene. Grazie per l’amore che ha per noi. A noi, bambini del Sud Sudan, piace molto ballare e cantare. È così che lodiamo Dio che è sempre con noi. Continua a insegnarci a essere amici di Gesù e continua a parlare al nostro popolo affinché possiamo convivere tutti in pace. Nel nome di Gesù, voglio chiederLe di darci una benedizione speciale per tutti i bambini del Sud Sudan, per poter crescere insieme in pace ed amore. Grazie di essere un grande messaggero di Dio. Non dimenticheremo mai questo giorno».

Poi, dopo la preghiera all’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, il Vescovo di Roma pronuncia il Suo discorso. «Cari fratelli e sorelle, buon pomeriggio! Vi ringrazio per le preghiere, per le testimonianze e per il vostro canto!». Jorge Mario Bergoglio ha «pensato a voi a lungo, portando nel cuore il desiderio di incontrarvi, di guardarvi negli occhi, di stringervi le mani e di abbracciarvi: finalmente sono qui, insieme ai fratelli con cui condivido questo pellegrinaggio di pace, per dirvi tutta la mia vicinanza, tutto il mio affetto. Sono con voi, soffro per voi e con voi».

Si rivolge a «Joseph: hai posto una domanda decisiva: “Perché stiamo a soffrire nel campo per sfollati?”. Perché… Perché tanti bambini e giovani come te stanno lì, anziché a scuola a studiare o in un bel posto all’aperto a giocare? Tu stesso ci hai dato la risposta, dicendo che è “a causa dei conflitti in corso nel Paese”. È proprio a motivo delle devastazioni prodotte dalla violenza umana, oltre che per quelle causate dalle inondazioni, che milioni di nostri fratelli e sorelle come voi, tra cui tantissime mamme con i bambini, hanno dovuto lasciare le loro terre e abbandonare i loro villaggi, le loro case. Purtroppo in questo martoriato Paese essere sfollato o rifugiato è diventata un’esperienza consueta e collettiva».

Papa Francesco rinnova dunque «con tutte le forze il più accorato appello a far cessare ogni conflitto, a riprendere seriamente il processo di pace perché abbiano fine le violenze e la gente possa tornare a vivere in modo degno. Solo con la pace, la stabilità e la giustizia potranno esserci sviluppo e reintegrazione sociale. Ma non si può più attendere: un numero enorme di bambini nati in questi anni ha conosciuto soltanto la realtà dei campi per sfollati, dimenticando l’aria di casa, perdendo il legame con la propria terra di origine, con le radici, con le tradizioni».

Il futuro «non può essere nei campi per sfollati». C’è bisogno, «proprio come chiedevi tu, Johnson, che tutti i ragazzi come te abbiano la possibilità di andare a scuola e pure lo spazio per giocare a calcio! C’è bisogno di crescere come società aperta, mischiandosi, formando un unico popolo attraverso le sfide dell’integrazione, anche imparando le lingue parlate in tutto il Paese e non solo nella propria etnia. C’è bisogno di abbracciare il rischio stupendo di conoscere e accogliere chi è diverso, per ritrovare la bellezza di una fraternità riconciliata e sperimentare l’avventura impagabile di costruire liberamente il proprio avvenire insieme a quello dell’intera comunità. E c’è assoluto bisogno di evitare la marginalizzazione dei gruppi e la ghettizzazione degli esseri umani. Ma per tutti questi bisogni c’è bisogno di pace. E dell’aiuto di tanti, di tutti».

Perciò il Pontefice ringrazia «la Vice Rappresentante speciale Sara Beysolow Nyanti per averci detto che oggi è l’occasione per tutti di vedere quello che da anni sta accadendo in questo Paese. Qui infatti perdura la più grande crisi di rifugiati del Continente, con almeno quattro milioni di figli di questa terra sfollati, con l’insicurezza alimentare e la malnutrizione che colpiscono i due terzi della popolazione e con le previsioni che parlano di una tragedia umanitaria che può peggiorare ulteriormente nel corso dell’anno. Ma vorrei ringraziarla soprattutto perché lei e molti altri non sono rimasti fermi a studiare la situazione, ma si sono dati da fare. Lei, Signora, ha percorso il Paese, ha guardato negli occhi le madri assistendo al dolore che provano per la situazione dei figli; mi ha colpito quando ha affermato che, nonostante tutto quello che soffrono, non si sono mai spenti sui loro volti il sorriso e la speranza».

E il Vescovo di roma condivide «quanto ha detto su di loro: le madri, le donne sono la chiave per trasformare il Paese: se riceveranno le giuste opportunità, attraverso la loro laboriosità e la loro attitudine a custodire la vita, avranno la capacità di cambiare il volto del Sud Sudan, di dargli uno sviluppo sereno e coeso! Ma, vi prego, prego tutti gli abitanti di queste terre: la donna sia protetta, rispettata, valorizzata e onorata. Per favore: proteggere, rispettare, valorizzare e onorare ogni donna, bambina, ragazza, giovane, adulta, madre, nonna. Senza questo non ci sarà futuro».

E ora, Bergoglio guarda «ancora a voi, ai vostri occhi stanchi ma luminosi che non hanno smarrito la speranza, alle vostre labbra che non hanno perso la forza di pregare e di cantare; a voi che avete le mani vuote ma il cuore pieno di fede, a voi che portate dentro un passato segnato dal dolore ma non smettete di sognare un avvenire migliore. Noi oggi, incontrandovi, vorremmo dare ali alla vostra speranza. Ci crediamo, crediamo che ora, anche nei campi per sfollati, dove la situazione del Paese vi costringe purtroppo a stare, può nascere, come dalla terra spoglia, un seme nuovo che porterà̀ frutto»…

link all'articolo
Leggi Tutto l’articolo dal Sito originale